I fascicoli della rivista che sono pubblicati a partire dal 2024 possono essere acquistati presso Àncora Editrice (in formato cartaceo o digitale).
Volume: 2022 - Fascicolo: 4
Il m.p. Competentias quasdam dell’11 febbraio 2022 intende realizzare un salutare decentramento nella Chiesa. La sua emanazione è probabilmente collegata al progetto della riforma della Curia Romana, realizzato tramite la cost. ap. Praedicate Evangelium. In effetti, però, dall’elenco di più di cento affari che richiedono un intervento della Sede Apostolica, il m.p. ha rimosso un solo elemento, cioè la necessità di una conferma per i decreti di dimissione di religiosi. Per realizzare un decentramento che sia in grado di cambiare veramente l’assetto della Sede Apostolica, ci vorrebbe un progetto notevolmente più esteso.
El Tribunal de la Rota Romana ha tratado el bonum coniugum desde una doble perspectiva: incapacidades psíquicas (cf. can. 1095, 2°-3°) y simulación (cf. can. 1101 §2). Dado que la jurisprudencia tiene unidad de opinión respecto al cómo puede encuadrarse lógicamente el bonum coniugum respecto a la nomenclatura codicial — es decir, que puede ser entendido como ius y obligatio (cf. can. 1095, 2°), como onus (cf. can. 1095, 3°) y como elementum essentiale (cf. can. 1101 §2) —, y dado que según la jurisprudencia rotal ius-obligatio, onus y elementum essentiale en su propio contenido y sentido son la misma cosa (los identifican como las tria bona augustiniana), y dado que esta posición se considera unánime entre los jueces de la Rota Romana, parece posible afirmar que la jurisprudencia de Rota ha entendido, desde “siempre”, el bonum coniugum como un elemento esencial. Por el contrario, está la mens de la Comisión codificadora acerca del can. 1055 §1 y también cierta jurisprudencia rotal, que consideran que el bonum coniugum es únicamente un fin del matrimonio (precisamente el fin secundario). Esta última posición jurisprudencial, todavía, no puede resolver algunas dificultades lógicas, que son: cómo es posible asumir un fin y cómo es posible excluir un fin. Si bien la jurisprudencia rotal ha resuelto la segunda dificultad mediante el uso de la distinción entre finis operis y finis operantis, la primera parece haber quedada sin resolución. Además, el Magisterio abordó el bonum coniugum como un fin (Juan Pablo II) y como un elemento esencial (Benedicto XVI y Francisco). La tesis central sustentada en este estudio es que las dificultades planteadas, en realidad, parecen ser aparentes, debidas más bien a la rígida posición de la perspectiva asumida. Si, por el contrario, se entiende la cuestión en clave holística, parece posible decir que la doctrina sobre el bonum coniugum ha alcanzado, en la actualidad, una estructuración definitiva: el bonum coniugum puede considerarse ya sea como fin, ya sea como elemento esencial del matrimonio, cuyo contenido se identificaría con el fin secundario. Esto no parece diferente del encuadramiento teológico-sistemático-canónico que se desarrolló en torno al bonum prolis, habiendo sido siempre considerado tanto como un fin (primario) que como un elemento esencial.
Quale grado di fede è richiesto per il sacramento della confermazione? Come agisce il Sacramento della confermazione sulla fede del confermato? Nell’articolo si affrontano questi interrogativi alla luce del documento della Commissione Teologica Internazionale “La reciprocità tra fede e sacramenti nell’economia sacramentale” e della normativa canonica.
A vent’anni dall’introduzione della “Teologia del diritto canonico” tra le discipline accademiche prescritte dal decreto Novo Codice, emerge la consapevolezza di una crisi interna a ciascuna delle discipline: da una parte il diritto della Chiesa non è riuscito, nonostante gli sforzi compiuti, ad affrancarsi da un profondo sentimento antigiuridico che lo condanna a restare recluso nelle categorie mortificanti del principio ordinamentale; dall’altra parte la teologia sembra essere caratterizzata da una certa irrilevanza, constatando che la vita della Chiesa si articola a prescindere dalle argomentazioni offerte dal senso critico della fede. Il contributo traccia per cenni un rapporto tra teologia e diritto che non parta dalla rivendicazione di un fondamento positivo proprio ma dalla forma concreta che assume la relazione tra credenti rispetto alla credibilità o autenticità del Vangelo.
Nella ricorrenza del ventesimo anniversario della promulgazione del decreto Novo Codice della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il contributo esamina attentamente la normativa circa lo studio del diritto canonico, sia per quanto riguarda i suoi contenuti e percorsi sia in relazione ai suoi aspetti istituzionali, tenendo conto dello sviluppo storico della normativa della Santa Sede circa gli studi ecclesiastici. L’articolo mostra le linee di continuità e, allo stesso tempo, le linee del progressivo sviluppo.